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'O blog di | Danise

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Il be-bop

2021-02-22 00:40

Danise

News, Attualità, Musica, Arte, jazz, vincenzo danise, be-bop, Charlie Mingus, Eric Dolphy, Dizzy Gillespie, John Coltrane, Miles Davis , Charlie Parker,

Il be-bop

"Oltre alla nostra conoscenza della tradizione musicale afroamericana, avevamo una certa preparazione di base nell’armonia e nella teoria armonica europea"

" Suoni quello che vuoi tu, e lasci che sia il pubblico ad afferrare quello che tu stai facendo  anche se ci vogliono quindici o vent'anni". T. Monk

Nei due decenni compresi tra il 1945 e il 1965, mentre i compositori minimalisti passavano dall'infanzia all'età adulta, le energie creative della musica popolare americana si scatenarono. jazz, blues, country e gospel si evolsero nel rhythm and blues, nel rock'n'roll, nel soul e nel funk. Hank Williams, un cantante bianco con la passione per il blues, creò canzoni country di straordinaria bellezza; Ray Charles e James Brown fusero l’esultanza del gospel con la sensualità del blues; Chuck Berry scatenò la disarmante anarchia del rock ’n’roll; Elvis Presley e i Beatles riconfezionarono il rock per un immenso pubblico giovanile. Per i giovani compositori americani attenti ai nuovi sviluppi e privi di preconcetti, i decenni della Guerra fredda furono soprattutto l’era del be-bop e del jazz moderno. Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Thelonious Monk, Miles Davis, John Coltrane e Charles Mingus oltre passarono i confini dello swing per creare una musica imperturbabilmente 'cool’ e che sprizzava libertà.

Dizzy Gillespie - Be Bop

All’apice del bop, sfilze elettriche di note si dimenavano come cavi su un pavimento bagnato. Due suoni catturano l’orecchio dello Steve Reich quattordicenne: gli ebbri ritmi della Sagra della primavera e i tempi stupefacenti di Kenny Clarke. Terry Riley suonò be-bop da ragazzo, per poi padroneggiare l’arte del piano ragtime. 

 

La Monte Young fu un virtuoso del sax alto in gioventù, e se lo avesse voluto avrebbe potuto intraprendere una brillante carriera come jazzista. (Quando si presentò a un’audizione per l’eccellente gruppo jazz del Los Angeles City College, fu preferito a Eric Dolphy). 

Eric Dolphy & Charlie Mingus - Live in Amsterdam 1964

Philip Glass non suonò mai jazz, ma lo ascoltò con passione. La storia del minimalismo non può esser scritta senza dare una rapida occhiata al jazz del dopoguerra. Alla fine della seconda guerra mondiale che molti gioavani jazzisti cominciarono a considerarsi “musicisti seri”, per citare il classico Blues People di Amiri Baraka.

Il be-bop, diceva il poeta, esprimeva l’amostima delle centinaia di migliaia di soldati neri che tornavano dal fronte. Quando Parker inserì le note d’apertura della Sagra della primavera in Salt Peanuts, non rendeva solo omaggio a Stravinskij, ma proclamava altresì la propria libertà con una certa sfacciataggine.

Dizzy Gillespie - Salt Peanuts

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Non si poteva ballare al ritmo di Koko; bisognava restare seduti e ascoltare Parker mentre scarabocchiava lampi nell’aria. Monk introdusse melodie spigolose e accordi dissonanti, addolcendoli con l’eleganza del suo tocco. Coltrane apprezzava gli accordi per quarte del Concerto per orchestra di Bartok. “Oltre alla nostra conoscenza della tradizione musicale afroamericana, avevamo una certa preparazione di base nell’armonia e nella teoria armonica europea, inventammo un modo tutto nostro per passare dall’una all’altra”. Scrisse Gillespie.

Giant Steps - J. Coltrane

Ellington, negli anni venti, aveva fatto tesoro delle possibilità timbriche della registrazione elettrica. I musicisti be- bop sfruttarono il successivo progresso, la registrazione di long-playing. Il lato dell’LP consentiva la creazione di lavori, per metà composti e per metà improvvisati, dl ampiezza mesmerizzante, i logici sviluppi di Blac/e, Brown, and Beige. Nel marzo del 1959, Miles Davis pubblicò Kind of Blue, che frenò la spinta in avanti del be-bop. So What, il brano d’apertura di nove minuti, è un pezzo protominimalista, caratterizzato dalla lentezza onirica del movimento armonico. Mentre le melodie fluttuano e cambiano colore, l’armonia sottostante resta fissa su un accordo di RE miniore settima, con periodici spostamenti di un semitono al Ml bemolle minore. Mingus, Coltrane e Ornette Coleman vi abbandonarono a loro volta le progressioni standard in favore di un linguaggio tonale più aperto.

Miles Davis - So What

La loro scrittura aveva molti punti in comune con la tonalità allargata di Debussy, Stravinskij e Messiaen. Quando Mingus spiegò il proprio stile basato sul pedale nelle note di copertina dell’ album del 1963 The Black Saint and the Sinner Lady, sembrava stesse parafrasando la Tecnica del mio linguaggio musicale di Messiaen, con i suoi schemi di modi a trasposizione limitata. Il jazz era entrato nella sua alta modernità, e assunse un disprezzo modernista per le convenzioni. Fu Monk a dare il La: " Suoni quello che vuoi tu, e lasci che sia il pubblico ad afferrare quello che tu stai facendo  anche se ci vogliono quindici o vent'anni". 

Miles Davis, durtante i concerti, volgeva le spalle al pubblico con posa schoenberghiana, Il be-bop e la composizione dissonante si avvicinarono al punto che si parlò di una possibile fusione. Nei primi anni sessanta il compositore e studioso Gunther Schuller diffuse l'idea di una “Terza corrente”, una sinergia tra jazz e musica classica. “È un modo di fare musica”, scrisse in seguito Schuller, “Che tiene fermo l’assunto secondo cui tutte le musiche sono state create eguali, e coesistono in una meravigliosa fratellanza/sorellanza di musiche che si completano e fecondano a vicenda”.

Charlies Mingus - The Black Saint and the Sinner Lady (Album completo)

Schuller fece eseguire le proprie nerborute composizioni dodecafoniche a personaggi come Coleman ed Eric Dolphy, mentre Coleman si fece spesso consigliare da Schuller, in particolare durante la progettazione dell’epocale album del 1960 Free jazz. Anthony Braxton e Cecil Taylor, altri due pionieri del free jazz, sembravano due compositori atonali in esilio. Anche nella fase più esoterica, il jazz moderno si mantenne fedele al suo dinamismo e alla sua energia fisica. Tale spirito si rivelò irresistibile per i giovani compositori che cercavano una via d’uscita dal labirinto di Schoenberg.

 

Il jazz era intuitivo, profondo, comunitario; la concezione che stava alla sua base era seria, ma l’esecuzione giocosa. Steve Reich ricorda di aver frequentato lezioni di composizione durante le quali gli studenti sfoggiavano attiture bizantine discutendone le fondamenta intellettuali fino alla nausea. Poi andava ad ascoltare Coltrane che suonava con il suo quartetto. Amava l’idea che Coltrane potesse arrivare col suo sassofono, improvvisare a ruota libera su un paio di armonie, e sparire nella notte. “La musica viene semplice-mente fuori," disse in seguito Reich.

 

“Non c’è niente di cui discutere. Eccola lì. Questo mi mise di fronte a una scelta in quanto essere umano, a una scelta quasi etica, morale”.

 

Fonte: Il Resto è Rumore di Alex Ross

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Produzione: DANTONE MUSICA E EDIZIONI

Distribuito: Volontè & Co

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